IL LAMENTO DELLA LUMACA

La lumaca, volgendo lo sguardo al cielo, si rivolse a Dio ponendogli una domanda:
«Perché o Signore, quando hai creato tutti gli animali, hai dato a mia cugina chiocciola
una casetta per rifugiarsi in caso di pericolo e per proteggersi dal gelo invernale, mentre
io non ho nulla di tutto ciò?».
Dall’alto Dio, con voce autorevole, le rispose: «Se ti ho fatta così, è chiaro che c’è un perché!».
Dopo un attimo di riflessione la lumaca disse: «Quindi?». Dio allora, un poco irritato, rispose:
«Quindi, quindi, quindi … insomma … al momento non ricordo!».
Così la lumaca continuò a lamentarsi!

I “MIEI”  GRILLI DELL’INFANZIA

Cri cri cri cri cri, il frinire dei grilli mi riporta a quando, da bambino, subito dopo che il
contadino aveva tagliato l’erba, correvo a piedi nudi sui prati. Nonostante il mio cronico
raffreddore da fieno che mi faceva stranutire continuamente, io ero lì, insieme alle lucciole,
le falene, le zanzare, i maggiolini e qualche grosso cervo volante.
Tutti al concerto della natura, non c’erano mega fari, assordanti altoparlanti e non si pagava
il biglietto d’entrata! Ma tutti sotto un fantastico cielo stellato e in religioso silenzio.
Cose d’altri tempi? Forse si! Eppure questi concerti, sebbene sempre più rari, ci sono ancora.

LA «BISA CUPERA», Testuggine palustre europea

La testuggine palustre europea (Emys orbicularis), un tempo, era chiamata dai nostri contadini «bisa cupera», che significa la “biscia con la coppa”;  biscia perché possiede una coda molto lunga e  cupera, che si riferisce al  carapace. L’ornamentazione è molto variabile,  ma i colori più frequenti vanno dal nero al grigio scuro   con numerose punteggiature o striature tendenti al giallo.
Un tempo era abbastanza comune vederla negli stagni, nelle risaie, nei canali e nei laghi. Attualmente  questa testuggine autoctona ha subito un forte declino su quasi tutto il territorio italiano e nel biellese
è oramai molto rara.
Le principali cause della sua rarefazione sono la riduzione del suo habitat, le sostanze inquinanti utilizzate in agricoltura intensiva e  l’introduzione di specie alloctone (es: la testuggine palustre americana Trachemis cripta) che vanno ad occupare le aree di riproduzione  e di ricerca di cibo. Occorre ricordare che la Testuggine palustre è considerata in Pericolo (EN) dalla Lista Rossa della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ed è inserita, come specie protetta, nell’Allegato II della Direttiva Europea.

FRAMMENTI DI VITA: IL FUNGO DELLE STREGHE

L’Amanita muscaria, volgarmente chiamata “Ovulo malefico”, sebbene non commestibile e altamente velenosa, mi ha sempre affascinato, poiché in molte leggende si narra che le streghe danzano all’interno di un cerchio formato da questi funghi.

Mia madre, sempre rassegnata, mi dice: «Dove vai a quest’ora? Sono già le 23.00». Le rispondo frettolosamente: «Vado a trovare le streghe nella pineta». Il bosco profuma di resina, gli aghi dei pini mi fanno scivolare e con fatica arrivo accanto ai “funghi delle streghe”.
Dal campanile del paese arrivano i 12 rintocchi di mezzanotte. Ho fra le mani un libretto di mio padre, “Storie di magia” dove le streghe sono raffigurate in un disegno antico come delle donne giovani e belle! All’improvviso sento un urlo terrificante! Poi un rumore di ali e due grandi occhi che mi guardano … per nulla intimorito punto la torcia elettrica e, con grande stupore, non vedo la bella strega, ma un grosso uccello, l’allocco. Torno a casa pensando che non era la notte giusta per vedere le streghe, però vedere un grande allocco non è cosa da poco!

PLINIO IL VECCHIO LA CHIAMÒ: «FARFALLA PORTATRICE DI MORTE»

La Sfinge testa di morto (Acherontia atropos), con i suoi colori cupi, il caratteristico disegno sul torace che ricorda la figura di un teschio e il suo acuto stridio prodotto dalla faringe, si meritò un nome dalla connotazione “funebre”.
Plinio il Vecchio, nel suo trattato naturalistico Naturalis historia (77 d.C.), la descrisse come  “Papilio feralis” che significa «farfalla portatrice di morte».
Il termine Acherontia viene dalla mitologia greca e si riferisce all’Acheronte, uno dei fiumi che si dovevano attraversare per raggiungere l’Ade. Mentre Atropo è il nome di una delle tre Parche, quella preposta a tagliare il filo della vita!
Ricordo che al mio paese, quando questa falena si posava sul muro di una casa, il proprietario si faceva il segno della croce. Paure ataviche e superstizioni che sono dure a morire.
Questo grande lepidottero, presente su tutto il territorio euro-africano e asiatico, appartiene alla famiglia degli sfingidi e da adulto è attivo di notte e frequenta gli alveari nutrendosi di miele, che preleva perforando le celle con la sua robusta spirotromba. Le sue larve invece prediligono piante della famiglia delle solanacee. Questa farfalla è divenuta piuttosto rara, vittima anche degli insetticidi e dell’inquinamento luminoso che interferisce con le sue capacità di orientamento.  

LA COZZA GIGANTE “ALIENA”, (Sinanodonta woodiana) 

Da diversi anni mi occupo di censire i molluschi (bivalvi e chiocciole di acqua dolce) sia autoctone, che alloctone  presenti nei laghi ed i fiumi del comprensorio biellese e vercellese. Al momento sono state studiate circa 20 stazioni!
Un bivalve alloctono che desta preoccupazione  è la Sinanodonta woodiana, poiché oltre ad essere la più grossa bivalve d’acqua dolce (con la valva che può superare i 30 cm) è anche la più veloce a colonizzare gli ambienti acquatici a discapito delle specie autoctone del territorio italiano.
Proveniente dall’Asia orientale, questa cozza gigante ha invaso circa quattordici,  e forse più, stati europei (la prima segnalazione risale al 1984) ed in Italia ha fatto la sua comparsa per la prima volta nei bacini idrografici negli anni 1989-90.
Questa specie invasiva può essere arrivata anche da noi con l’introduzione e l’immissione di pesci (in particolare i Cyprinidi) a scopo di allevamento e/o ripopolamento. Le larve di queste cozze parassitano infatti le pinne o le branchie, attaccandosi con una sorta di uncino; successivamente abbandonano il pesce lasciandosi cadere sul fondo melmoso dove maturano ed iniziano a condurre vita libera. Con questo espediente la Sinanodonta woodiana riesce ad espandere il suo areale di distribuzione, biellese e vercellese compresi!
Sono gradite le vostre segnalazioni con le fotografie dell’esemplare ed il luogo di ritrovamento (e-mail: tizianopascutto@live.it).